Oggi penso che il vecchio Samuel, il mercante di tappeti di Tinir, avesse ragione nel dire che nessun viaggio ti porta mai Altrove. E intanto che parlava srotolava i suoi tappeti a mostrarmi mondi ormai scomparsi e altri ancora a venire. Le città che furono e quelle che saranno. E mari neri e fluidi intrecciati a raggi di lune che sbucavano d’improvviso dal suo sorriso sdentato per poi tramontare tra le frange di un tappeto.
E ancora sento la sua voce magnificare le dita sapienti delle oscure tessitrici, tanto abili nel rubare i fili spezzati di improbabili orizzonti, quanto nel ricondurli, nodo dopo nodo, alla logica del disegno e della trama.
E così adesso, seduto su un tappeto che comprai quel giorno a Tinir, guardo schiudersi maestose le porte di Kiev. E subito, dall’altra parte, intravedo la valigia che smarrii lungo una carovaniera del deserto che da Tinir mi portava Altrove.
E varcando con lo sguardo quella soglia, ancora mi chiedo chi fosse davvero il vecchio Samuel. Se quel giorno lontano, nel suk di Tinir, incontrai davvero un saggio. Oppure, più semplicemente, un abile mercante.